Rifiuti a Roma: “sistema fragile, ‘turismo dei rifiuti’ oltre il 50%”
Nel 2017 a Roma si sono prodotte circa 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti, quasi 534 kg pro-capite (media nazionale circa 489 kg pro-capite).
Di queste, 1 milione sono state raccolte in modo differenziato (45%): la frazione organica, la voce principale, rappresenta circa il 38% (circa 400mila ton), segue carta/cartone con 290mila ton (28%), il vetro con circa 150mila ton (15%) e infine altri rifiuti (imballaggi, legno, costruzione e demolizione, ingombranti). Oggi la frazione organica viene quasi tutta portata fuori dalla Capitale, dove i sei impianti di compostaggio presenti nel 2017 hanno gestito solo 33mila tonnellate.
I dati - elaborati sulla base del “Rapporto rifiuti urbani 2018” di ISPRA - emergono dall’analisi “Roma, la questione rifiuti”, realizzata da FISE Assoambiente, l’Associazione che rappresenta le imprese che svolgono attività di igiene urbana, gestione, recupero e riciclo di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica, per fare chiarezza sulla gestione dei rifiuti a Roma.
I rifiuti raccolti in modo indifferenziato, 1,3 mln di ton, vengono gestiti principalmente negli impianti di TMB (trattamento meccanico-biologico). Questi impianti sfruttano l’abbinamento di processi meccanici a processi biologici e, secondo i dati medi nazionali registrati da ISPRA, separano alcuni materiali per il riciclo (10% di materiali ferrosi/non ferrosi/plastica e frazione organica biostabilizzata, usata soprattutto per copertura delle discariche) dalla restante parte avviata in parte a recupero energetico come combustibile solido secondario - CSS (38%) ed in parte smaltita in discarica (62%).
A Roma sono presenti attualmente 1 termovalorizzatore (Colleferro) e 2 discariche che gestiscono circa 12mila ton di rifiuti urbani, mentre circa 1,5 mln di ton sono destinate a impianti fuori Regione (se si considera che circa 300mila ton sono conferite in Regione all’impianto di termovalorizzazione di San Vittore).
I dati evidenziano come l’attuale situazione della gestione rifiuti a Roma sia contraddistinta da: mancanza di impianti sufficienti per il trattamento della frazione organica, di termovalorizzatori, di discariche, bassa efficienza dei TMB, bassa raccolta differenziata, forte vulnerabilità e fragilità del sistema (dipendenza da altri impianti e da intermediari).
Nessuna capitale europea oggi è in questo stato, tutte riciclano con risultati più significativi e tutte hanno almeno un termovalorizzatore.
Questa situazione non tiene conto degli ultimi fatti di cronaca, con l’impianto di TMB Salario ormai chiuso e quindi altre 600.000 tonnellate di “tal quale” aggiuntive da smaltire.
“Oggi la situazione non è cambiata molto dal punto di vista sostanziale rispetto al passato”, dichiara Chicco Testa – Presidente FISE Assoambiente, “Anche prima i rifiuti urbani venivano portati fuori Regione dopo il trattamento TMB, solo che ci andavano come rifiuti “speciali” (es. combustibile per inceneritori e cementifici). Adesso ci andranno “tal quali”, a prezzi crescenti e con la ridotta disponibilità di altre regioni a prenderli. Se non si corre ai ripari subito, pianificando la costruzione degli impianti necessari e lavorando seriamente sulle raccolte differenziate, la proiezione per i prossimi anni è destinata ad allarmare non poco.
Immaginando che Roma sia in grado di riciclare nel 2035 il 65% dei rifiuti, come chiede la Direttiva sui rifiuti del Pacchetto sull’ economia circolare, andranno colmati almeno 30 punti in più di raccolta differenziata, per raggiungere il 75%, visto che non tutto quello che si raccoglie in modo differenziato può essere riciclato. Un obiettivo oggi ancora molto lontano”.
Inoltre, per il restante 35% (inclusi gli scarti della raccolta differenziata) e per il trattamento della frazione umida serviranno i seguenti impianti:
4/5 impianti di digestione anaerobica per la frazione umida (capacità media pari a 100.000 ton ciascuno );
1 termovalorizzatore per almeno 600.000 ton (più o meno come Acerra);
1 discarica di servizio a Roma o nel Lazio;
Solo così si potrà arginare il “turismo dei rifiuti”.
Servono 1/1,5 miliardi di investimento per avere evidenti benefici: tariffe più basse, energia verde prodotta, sistema sicuro e stabile per decenni.
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